Ricerche
IL CASALE DALLE CINQUE PORTE
di Maria Luisa Fantoni Le pagine che presento introducono integralmente una interessante relazione storica ed archeologica svolta dal “Gruppo Ricerca e Studio Vestigia del Passato”, del quale io stessa feci parte. Una relazione che come vediamo concluse una serie di ricognizioni effettuate nel 1987 nel nucleo abitativo de’ Sergenti e che rese nota la presenza in quel sito di torri in pietra di primitiva munizione a cassero frammiste a casucce fatiscenti. In quell’antico territorio noi riconoscemmo una porzione del Castelnuovo a Cascia, ove visibili fino al primo ‘900 rimasero anche tratti di mura castellane a Nord-Ovest della Pieve, oltre il casale dalle cinque porte, verso il “planum”. Dopo un numero incredibile di anni ritorno a quelle pagine, ritorno al “Castellare”. E qui rammento un etimo in disuso: la voce “castellare” che, nel latino medievale indicava il castello diruto. Così noi, gruppo di “Vestigia”, continuavamo a chiamare quelle torri, gli avanzi di muraglia, tutto l’insieme delle superstiti strutture che, al pari di un chiuso feudo, nei tempi antecedenti al ‘300 furon la rocca munita de’ Sergenti. Posso dire, in tutta franchezza, che quei passati studi giovanili costituiscono il punto di partenza delle mie successive indagini al castellare, delle nuove acquisizioni in campo archeologico che ora allego, con valore di note descrittive, a completamento di tutta la ricerca. Reggello, novembre 2008 GRUPPO RICERCA E STUDIO VESTIGIA DEL PASSATO RITROVAMENTO DI ALCUNE TORRI MEDIEVALI NELL’ABITATO DE “I SERGENTI”: NOTIZIE STORICHE E DESCRIZIONE DEI REPERTI Nel 1200 erano di proprietà dei Cacciaconti, famiglia senese di grandi proprietari del Chianti e di Siena. Nel 1245 vari Patarini di Firenze e Prato, condannati dal tribunale ecclesiastico, fuggirono dalla città e trovarono rifugio e protezione nella casa di Guido Cacciaconti nel popolo della Pieve di S. Piero a Cascia. Da Firenze furono inviati dei frati Domenicani per cercare di riportarli all’ortodossia. Nel giornale “Il Valdarno” del 1896 il preciso storico e giornalista “Nestore” riferiva come nel casolare dei Sergenti, vicino alla Pieve di Cascia, in una tinaia di proprietà Giovannoni, si vedessero ancora le mura della casa residenza dei Cacciaconti, risalente al XIII secolo. Nel Catasto della Repubblica Fiorentina del 1427 l’antico casolare dei Sergenti fu dichiarato come “Casa da Signore” di sua medesima proprietà da Luca Carnesecchi. Nelle Piante di Capitani di parte Guelfa riguardanti il piviere di Cascia della seconda metà del XVI secolo, detto casolare risulta di proprietà Bigazzi. Dette notizie sono state riprese da una conferenza tenuta a Cascia dal Sig. Ivo Becattini, instancabile ricercatore di archivi e studioso dell’antica storia del Valdarno, e appariranno in un suo libro di prossima pubblicazione. Abbiamo raccolto nei dintorni la tradizione orale di un “castello dei Sergenti” che altri chiamavano “case torri dei Sergenti”, che avevano carattere di ostello, di sosta per chi era in viaggio. Questo presuppone la presenza nelle vicinanze di una strada importante. Effettivamente in ricognizioni effettuate due anni fa abbiamo ritrovato il tracciato di una strada importante (già citata dal Tracchi nel libro “Dal Chianti al Valdarno: ricognizioni archeologiche in Etruria”) e che anche a noi sembra di epoca romana. Abbiamo ritrovato i resti del basamento di un ponte della stessa età che si trova poco a monte del medievale ponte e mulino di Carmela e proprio di fronte al mulino di Camerino (vedi schizzo topografico); il tutto è ancora oggi ben riconoscibile. La strada proviene dalla direzione di S. Giovenale (vicino a cui si trova un altro antico ponte), corre sulle balze prospicienti la riva sinistra del Resco fino ai Tallini, scende ai resti del ponte e poi risale verso la località Bronzone sita circa 200 metri ad Ovest dei Sergenti; qui le tracce non sono ben visibili, ma probabilmente continua verso Nord riallacciandosi al tracciato detto “viaccia” che dal Cino va verso S. Tea e Mangino. Questa strada è da identificarsi con la Cassia Vetus, cioè la strada di comunicazione più importante dal periodo romano a tutto il Medioevo nelle nostre zone, dove ricalca almeno in parte un precedente tracciato etrusco. La Via Consolare Cassia congiungeva Roma con Luni, attraverso Bolsena, Chiusi, Arezzo e Fiesole passando dagli altopiani del Pratomagno: questa è la Cassia Vetus. Successivamente nel 123 d.C. l’imperatore Adriano fece costruire un nuovo tracciato leggermente più corto che congiungeva Chiusi con Fiesole passando dal Chianti: questa è la Cassia Nova o Cassia Adrianea. Il casolare dei Sergenti si trova in una zona di rilevante interesse storico e archeologico, infatti oltre a quanto già esposto possiamo citare la vicinanza della Pieve di Cascia con l’annesso “castello nuovo” (oggi è la canonica?) citato da fonti antiche; lo stesso campanile della Pieve, secondo elementi apparsi nel recente restauro, sarebbe stato in origine una torre; il ritrovamento di tombe di età romana sulla strada che da Cascia va verso S. Tea, dove esiste anche una chiesetta con frammenti di fregi di edifici precedenti messi in opera nelle mura; il ritrovamento di manufatti in pietra scheggiata di età preistorica e di frammenti di vasellame di varie epoche nei campi intorno alla Pieve e prospicienti i Sergenti. I resti di un’altra torre si trovano in un fabbricato sulla strada che porta verso S. Siro. Lo stesso campanile della chiesa di S. Siro è una torre riattata a tale scopo e che in antico si trovava nel retro dell’edificio, essendo la facciata originale dalla parte opposta a quella odierna (si vede ancora un portale della tipologia preromanica). Abbiamo avuto anche notizia che reperti di epoca etrusca provenienti da questa zona sono esposti nei musei di Oslo e di Quebec, però non siamo riusciti a controllarne la veridicità. Comunque questo potrebbe essere un ulteriore filone di studio e di ricerca. DESCRIZIONE DEI REPERTI Una torre in pietra (lettera A del disegno) attualmente addossata a costruzioni più recenti, presenta ancora sulla parete est una feritoia intatta ed un’altra tamponata ma ben evidente. Guardando all’interno di una cantina adiacente (probabilmente la tinaia Giovannoni di cui parla “Nestore”, come già detto) nella parete sud è ben visibile un portale in pietra (ora tamponato) con architrave sagomato e sormontato da una semiluna. Entrando in una cantina adiacente, in direzione sud, a circa dieci-quindici passi di distanza da questo portale, ne esiste un altro simile, ora tamponato, visibile soltanto dall’architrave in giù, che immetteva in un’altra torre (lettera C del disegno). A questa si accede da un’altra cantina con apertura sulla strada per Figline, passando sotto un avancorpo di recente costruzione; a destra si entra subito nel piano terreno della torre, dove sono riconoscibili feritoie sul lato est, e finestrelle sulle altre pareti; dalla cantina una scala porta sotto la torre dove esiste un locale quasi completamente nel sottosuolo con volta a botte e lastricato con pietroni. Lungo la scala è visibile il basamento della torre formato da grosse pietre in parte scalpellate per far girare le scale. Risalendo all’esterno, a circa 30 passi di distanza dalla torre A in direzione ovest, si vedono i resti di un’altra torre in pietra (lettera B del disegno) ampiamente rimaneggiata, che ora costituisce il corpo centrale di un gruppo di vecchie case. Nella parete sud è con difficoltà riconoscibile una feritoia tamponata, la parete opposta è quasi completamente coperta da un corpo avanzato costruito recentemente. A nostro giudizio queste torri risalgono al 1000-1100 con portali del 1200 e successivi rifacimenti e adattamenti. Potrebbero essere o case torri isolate oppure far parte di una struttura fortificata di maggiore importanza. Per un’indagine più completa, oltre naturalmente ad avvisare gli organi competenti, sarebbe molto utile poter guardare all’interno delle altre vecchie case e della vicinissima villa, cosa che purtroppo non è stata finora possibile. Egualmente possiamo dire dell’edificio con resti di torre sulla strada che porta a S. Siro, sul lato destro, che esternamente presenta sulle pareti Ovest e Sud elementi che indicano la presenza di una antica torre, ora ampiamente rimaneggiata e alla quale è stato appoggiato un contrafforte in pietra che copre gran parte di ciò che è visibile. Sulla torre B … … IL CASALE DALLE CINQUE PORTE Al tempo delle nostre ricerche, individuare la TORRE B, nel contesto architettonico del castellare a I Sergenti, non fu impresa facilissima. Appariva, la nostra torre, come serrata, soffocata nell’ampia facciata di una cascina “senza tempo” di cui costituiva il corpo centrale. Anche se le immagini che riporto in margine a motivo di chiarimento non servono praticamente a nulla, per quanto sono brutte, tuttavia, non senza sforzo di concentrazione, si noterà che l’edificio presenta i segni di una infinità di rimaneggiamenti: quello già citato, ossia l’aggregazione, l’addossamento di due robusti corpi in pietra alle fiancate della torretta medievale, sarà senz’altro il più evidente. Nella prima foto, in PARETE NORD la torretta centrale è completamente mascherata da un corpo sporgente posticcio, di moderna fattura e sono visibili invece le costruzioni laterali aggiuntive, massicce e primitive. Nella seconda foto, quella riproducente la PARETE SUD, si verifica il contrario: ben distinguibile è solo la struttura centrale dell’edificio, nella sua tipica squadratura, rude ed essenziale, di casa-torre del Medioevo. Fra l’altro è proprio questo, se vogliamo, l’ambito prospettico più interessante della costruzione: questa, la parete Sud, è la facciata d’ingresso del casale. A memoria d’uomo, erano gli anni trenta, vi si aprivan cinque porte. E in un tempo neanche tanto remoto, parlo della fine degli anni ’50 e dei successivi primi anni ’60, quando ancora la funzione di casa colonica non era esaurita, io ricordo bene che al lato sinistro di una ripida scala si affacciavano le porte della stalla. I contadini di “I Sergenti” all’epoca tenevano le mucche e producevano ottimo latte. Gli abitanti dei dintorni potevano recarsi alla sera, dopo la mungitura, direttamente alla cascina con in mano la classica “bottiglia del litro” in vetro bianco sfaccettato, che subito veniva riempita. Ancora in relazione alla parete Sud del casale vorrei testimoniare quanto segue: l’usciolino appena visibile alla destra della scala immetteva dall’aia in un locale chiamato da tempo immemorabile “la stanza del macello vecchio”. Era ampio da solo quanto due stanze del piano sovrastante. Nessuno conosce o ricorda più la ragione di quel nome: lungo le pareti laterali si delineò l’enigma delle tante “figure rosse”, ancora visibili fino agli anni ’50 del secolo scorso. E spesso ripenso a quando noi, gruppo di “Vestigia”, ci recavamo, oltre una ventina di anni fa, in sopralluogo a “I Sergenti”, sempre perlustrando scantinati, basamenti di case-torri, muriccioli, lastricati. Alcuni anziani signori che vivevano nel caseggiato ci accompagnavano dappertutto interessatissimi alle nostre ricerche. Con curiose espressioni narravano tradizioni d’altri tempi. I tempi che a “I Sergenti” c’era stato un gran castello; una cinta di mura forte e minacciosa che chiudeva anche la Pieve. Quando il castello cadde nei tanti tumulti di fazioni, nelle lotte fra i potenti, dove ora si vedeva un cascinale uomini d’ingegno e dediti ai commerci organizzarono un ostello. La strada che da valle saliva verso l’altipiano reggellese passava lì, dal castellare; lambiva l’arco d’accesso nelle mura. Per questa si saliva verso i boschi, gli alpeggi, le foreste, fonti inestinguibili di sostentamento umano: si raggiungevano i santuari, i luoghi mistici sparsi nelle alture. E dopo tanto cammino e per sentieri secondari ecco apparire i varchi montani verso il Casentino, vallata che da sempre tenne fiorenti commerci con le genti valdarnesi. Immaginiamo che fra la seconda metà del duecento e la prima metà del trecento il flusso di popolo in cammino lungo quel tragitto debba essere stato davvero considerevole; d’altro canto, quando cadute le mura di presidio il fortilizio si avviava a diventar villaggio, quando i temibili Cacciaconti non possedevano più la rocca, entro un castellare, come qualcuno dice, “smilitarizzato”, quella scabra torre rimaneggiata e ampliata dai due robusti corpi pietrosi murati alle fiancate ben si prestava a una funzione nuova: stazione di sosta per quanti, mossi dalle urgenze più svariate, si ponevano in cammino. E sarebbe stata quella, come vantavano certe dicerie passate, sotto un velo sottile di leggenda, da un secolo ad un altro della storia … sarebbe stata quella LA CASA DEGLI OSTELLIERI. Lì il viandante si fermava per poi passar la notte, per mangiare qualcosa di buono alla taverna, far riposare la cavalcatura nelle stalle, porre carri e merci per riparo alle rimesse. La costruzione in foto del Foglio 3, sapientemente ristrutturata, è ora, ironia di una sorte che qualche volta si ripete, un lussuoso albergo-agriturismo. NOTE COMPLEMENTARI alla pagina “TORRE B” (1) Alludo, con l’espressione “figure rosse”, ad una lunga teoria di immagini di animali, forse maiali, forse cani, realizzate su quei muri, nella esatta tipologia, a detta degli esperti consultati, dei disegni campiti in rosso di Sinope. Potrebbe trattarsi di disegni preparatori di un affresco, se non addirittura di un affresco vero e proprio portato a compimento con quel medesimo tipo di rosso steso sull’immagine tracciata in precedenza. Sulla base delle descrizioni da me riferite circa l’aspetto di questa insolita composizione pittorica, gli esperti puntualizzavano che nello svolgimento dell’affresco l’uso della sinopia fu di largo impiego nei tempi antichi, anzi fu la tecnica diffusa dai frescatori del ‘300. Di quelle belle figure di animali che a grandezza naturale, tutte in fila, decoravano due pareti del “Macello Vecchio”, non è rimasto che un vivido ricordo: ricordo che affiora nelle ultime testimonianze, dirette, di chi vide con i propri occhi le pitture, ancora fino alla prima metà del secolo scorso. Poi … tutto si dileguò, nelle inevitabili e susseguenti modifiche al fabbricato; a quella misteriosa stanza che proprio pareva per certi versi e in tempi assai lontani una bottega di beccai, con effigiate le insegne in rosso bruno, con tutta una serie di uncini in ferro, i tipici “ganci ad esse” ove appendere le carni macellate, quindi esporle ai compratori. Qualcosa di analogo possiamo vedere anche ai nostri giorni in quelle macellerie di campagna dagli aspetti più tradizionali. E per altri versi, come non pensare invece ad una bella, rustica sala da tavernieri ornata e accogliente per il ristoro degli avventori? Pitture alle pareti, panche e tavoli nel mezzo. Al fondo magari un bel bancone pieno di primizie: tante carni lavorate ad arte e ben speziate di cui servirsi subito o pronte per essere smerciate anche fuori dall’osteria. E pendenti da quei ganci corone di salsicce, insaccati, rigatini, carnesecca ed altro ancora. (2) Ad una lettura molto attenta si noteranno, in facciata del Casale dalle cinque porte, le tracce di due archi a sesto ribassato delineanti logge che si affacciavano sull’aia. Al piano superiore immediatamente sotto il tetto si evidenzia l’impronta di una monofora murata a ricordo di una finestra a balconcino. Forse sono connotanti di eleganza volute da Lucha stesso per la sua casa da signore? Maria Luisa Fantoni |