Ricerche
LA TOSCANA E IL VALDARNO SUPERIORE DAL 1849 AL 1898
Dopo la guerra di successione polacca, il trattato di Vienna del 1738 assegnò la Toscana alla dinastia lorenese che la governò fino al 1859, escluso il periodo napoleonico nel corso del quale la regione costituì, per qualche anno, il regno d’Etruria per poi essere annessa all’impero francese. Il granduca Ferdinando III, durante la Restaurazione, stabilì un moderato governo che consentì il rifugiarsi a Firenze degli esuli perseguitati nelle altre parti d’Italia. La Toscana era rimasta quasi estranea ai moti d’indipendenza dei primi anni dell’800, invece, intorno al 1849, si affermarono a Firenze tendenze radicali che obbligarono il granduca Leopoldo II a fuggire e all’instaurazione della dittatura del Guerrazzi. Nel 1859, all’inizio della seconda guerra d’indipendenza, Leopoldo II, tornato al potere con l’intervento dell’esercito austriaco, fu costretto da un moto popolare ad abbandonare definitivamente Firenze e la Toscana. Bettino Ricasoli, vi instaurò un governo dittatoriale, in nome di Vittorio Emanuele II, che durò fino al plebiscito del 15 marzo 1860 nel quale la Toscana votò l’annessione al regno sabaudo. Nella regione su 755596 votanti, 717724 furono i voti a favore dell’unione e 18935 quelli per il regno separato. Il Regno Unito si aprì su uno scenario che mostrava la precarietà economica italiana, basata essenzialmente sull’agricoltura, di fronte alle nazioni più emancipate d’Europa. Per notare i primi segni di cambiamento e di trasformazione che prospettavano nuove possibilità economiche, occorre attendere il periodo che va dal 1871 al 1878. E’ appunto in questo periodo che, con il lento e limitato processo d’industrializzazione, si poneva in Italia, per la prima volta, il problema della classe operaia. Intanto, con il proposito di unire le organizzazioni che interpretavano il proletariato, si era costituito, il 28 settembre 1864 a Londra, l’Associazione Internazionale degli operai, i cui elementi ideali furono definiti da un comitato in cui Carlo Marx ebbe un’importanza fondamentale. Mentre le idee mazziniane non erano riuscite a farsi breccia nelle masse, l’anarchismo di Bakunin e il socialismo internazionalista si estero abbastanza rapidamente tra gli operai delle città che le propagandarono nelle campagne. Nel febbraio del 1872 fu fondata a Firenze una sezione della Ia Internazionale. Contemporaneamente in altri centri toscani furono attivate sezioni internazionaliste. Nella metà dell’Ottocento, anche il Valdarno si presentava come una zona dedita principalmente all’agricoltura. Nel giro di pochi decenni la zona si caratterizzava, invece, per la nascita di vari insediamenti industriali che coincisero con lo sfruttamento dei giacimenti di lignite, i più importanti d’Italia, situati a Castelnuovo dei Sabbioni e nel comune di Figline Valdarno. Negli anni dal 1862 al 1866, il perfezionamento della ferrovia Firenze-Arezzo, oltre che dotare la valle di una nuova via di comunicazione, ne favorì l’incremento industriale. La prima grande industria locale la “Società per l’industria del ferro”, edificata a San Giovanni Valdarno, nei pressi della linea ferroviaria, iniziò la sua attività nel 1873 usufruendo della lignite delle cave di Castelnuovo dei Sabbioni. Lo sfruttamento delle miniere di lignite e la siderurgia fornirono impulsi positivi a tutta l’economia del Valdarno aretino. Insieme alla grande ferriera, nacquero così nei principali centri valdarnesi nuove attività industriali a carattere artigianale e si incrementarono quelle già esistenti. In questo periodo a San Giovanni Valdarno esistevano varie attività produttive. Il maggior numero di manodopera si concentrava in una fabbrica di materiale refrattario, con circa quaranta addetti. In seguito avverrà un certo potenziamento delle piccole attività produttive e l’inizio di nuove iniziative occupazionali. Montevarchi, invece, era caratterizzato da attività agricole e commerciali, con mercati settimanali di bestiame e generi alimentari. Inoltre erano presenti attività per la lavorazione delle trecce di paglia, dei cappelli e della seta. Nel Valdarno fiorentino lo sviluppo industriale fu meno sollecito. Tuttavia a Figline, oltre alla produzione artigianale dei coltelli, operava una fabbrica di vasi di vetro. Importante anche il mercato settimanale. L’entità operaia, scaturita nella zona in modo quasi repentino, era priva di qualsiasi tipo organizzativo di classe. Nel 1876 esisteva a Montevarchi una sezione dell’Internazionale, analoga sezione era stata fondata nel 1873 anche all’Incisa, ma non risulta ci fossero particolari coinvolgimenti con le varie realtà industriali. Anche i tumulti che nel luglio del 1874 esplosero a Montevarchi, e in altre zone della Toscana e dell’Italia, sono essenzialmente da ricercare nella crisi agricola e nel rialzo dei prezzi di prima necessità, intollerabili alle classi più povere. Del resto le condizioni degli operai erano drammatiche. Nel 1885 l’insorgere di un’epidemia di colera procurò numerose vittime tra la popolazione. Nel Valdarno, alle elezioni del 1886 partecipò per la prima volta il Partito Operaio con la candidatura di Alfredo Casati, a San Giovanni Valdarno. Il candidato riportò un risultato molto modesto. Il fatto rappresentò l’unica presenza operaia in tutta l’Italia centro-meridionale, oltre a quella di Napoli. Nel periodo dal 1887 al 1894 numerosi furono i momenti di crisi dell’economia italiana, già compromessa dalle dispendiose imprese coloniali. Negli anni 1893-94, in ogni parte d’Italia, scoppiano tumulti popolari. I più violenti avvennero in Sicilia e Lunigiana. Questo clima di tensione non escluse neppure il Valdarno. Il 23 ottobre 1894, in un attentato rimase ferito, a San Giovanni Valdarno, un vice ispettore di pubblica sicurezza. Solo pochi anni prima, nel 1892, dalla scissione del gruppo anarchico, era nato a Genova il partito socialista. Nel Valdarno gli anarchici erano il nucleo più attivo tra gli operai. Ma il discredito verso di loro per gli attentati compiuti o più semplicemente sospettati, provocò lo spostamento di molti aderenti verso le posizioni socialiste. Nel maggio 1898, in molte parti d’Italia, scoppiarono nuovamente violente proteste popolari, provocate dall’aumento incontrollato dei prezzi di prima necessità. Nel Valdarno, soprattutto a Figline, la protesta assunse toni drammatici. In questa località il 3 maggio 1898, la folla saccheggiò i magazzini di grano, aprendo il fuoco sulla forza pubblica. I moti popolari si estero a Incisa, Montevarchi, Arezzo, coinvolgendo in breve tempo l’intera regione. Proclamato lo stato d’assedio, furono sciolti i circoli e le organizzazioni politiche. Senza precise prove, anarchici e socialisti furono accusati e processati come gli unici responsabili. Dopo l’azione repressiva originata dai tumulti, della quale le cronache del tempo descrivono i momenti di vero accanimento contro le associazioni anarchiche, socialiste, repubblicane e cattoliche, i partiti popolari riuscirono a riorganizzarsi e, con la libera ripresa delle attività politiche, indirizzarsi verso nuove sfide e richieste di mutamento. (Roberto Cellai) BIBLIOGRAFIA I. BIAGIANTI, “Sviluppo industriale e lotte sociali nel Valdarno Superiore (1860-1922), Olschki, 1984. M. TARASSI “Incisa in Val d’Arno”, Salimbeni, 1985. A. ANGIOLINI, “Socialismo e socialisti in Italia”, Ed. Riuniti (r.anast.), 1966 G. LUZZATTO, “L’economia italiana dal 1861 al 1894”, Einaudi, 1975 N. ROSSELLI, “Mazzini e Bakunin, Einaudi, 1982. |