Foracava: una villa per il giullare Morgante
L'edificio colonico di Foracava nei pressi di Faella, nel Valdarno Superiore, sfugge all'attenzione del viandante, affondato com'è in una piccola vallata e circondato da boschetti che mimetizzano le creste delle balze.
Sulla strada provinciale Fiorentina, quasi all'altezza della fine dell'abitato di Faella, un cartello a bandiera, collocato a ridosso di un triste ponte di cemento che scavalca l'omonimo torrente, indica “località Foracava”. Oggi il vecchio complesso agricolo è trasformato in nucleo abitativo, frazionato in diversi appartamenti, frutto di una logica moderna che, spesso e ingiustamente, ignora ogni criterio storico e ambientale.
Il toponimo “foracava” che deriva dal longobardo “furha” (striscia di terreno, spazio fra i solchi) (1) si addice perfettamente alle caratteristiche del luogo. Un podere argilloso, alquanto fertile, formato nel corso dei tempi dal riempimento di materiali alluvionali trasportati dal torrente Faella.
La storia di questo terreno, assegnato alla giurisdizione del popolo di San Jacopo a Montecarelli, è antica e, in alcuni casi, anche originale. Nel corso dei tempi ha cambiato numerose proprietà. Nel Cinquecento il podere apparteneva a Giovansanti Aquilani del quartiere di Santo Spirito di Firenze.
Giovansanti degli Aquilani di Raffaello da Castelfranco di Sopra, venne condannato a morte per omicidio, in Firenze. Probabilmente nutriva anche idee politiche diverse da quelle del governo autoritario di Cosimo I de' Medici, poiché fu dichiarato “ribelle e bandito con tutti i suoi figli” (2). Nel 1554 con questa condanna capitale gli vennero confiscati tutti i suoi bene, compreso anche il terreno di Foracava a Faella.
Cosimo I era salito al potere nel 1537, dopo l'assassinio del duca di Firenze Alessandro de' Medici. Considerato il vero fondatore dello stato toscano, rinnovò e organizzò la Toscana. Togliendo il potere alle più importanti famiglie fiorentine, riformò l'amministrazione giudiziaria, intraprese una vasta attività edilizio-militare, costruì strade, porti, fortificò città e, rendendosi protagonista di molte altri dettami, mirò a fare del Granducato il centro mercantile dell'Italia.
L'attività legislativa assunse, fin dall'inizio del suo ducato, un ruolo importante se non addirittura primario nella sua azione governativa, sostenuta dalle figure più prestigiose del momento. Erano tempi duri anche per gli uomini di potere e, Cosimo I, si adoperò moltissimo per consolidare e tutelare il proprio dominio e quello della sua dinastia.
“Sul piano pratico, basterà ricordare la devota collaborazione di un giurista operativo al suo servizio come Jacopo Polverini, un pratese che come suo “auditore” (consigliere) formulò la tristemente famosa legge detta appunto “Polverina”. Con essa nel 1549 si sancì la durissima procedura per i diritti di lesa maestà che colpiva i cospiratori antimedicei persino con confische patrimoniali a carico dei familiari anche minorenni. Un esempio classico fu dato dalla repressione della congiura dei Pucci (del 1559, con strascichi dopo la morte di Cosimo), che pare abbia procacciato all’erario l’enorme cifra di 300mila ducati, oltreché la prevedibile decapitazione dei promotori.”(3) Stessa sorte la subì, come abbiamo sopra accennato, anche il tenutario del podere di Foracava di Faella, Giovansanti degli Aquilani.
Comunque è con Cosimo I che iniziò per Firenze un'altra stagione di grande prestigio, culturale e artistico. La città acquisì le caratteristiche della capitale di uno Stato forte e facoltoso, saggiamente guidato dal futuro Granduca che risiedeva, con la sua corte, nell'antico palazzo dei Priori ristrutturato dai più autorevoli architetti e artisti dell'epoca. Di conseguenza, artisti come Ammanati, Bronzino, Salviati, Giambologna, Cellini, Buontalenti, Bacchiacca e Ridolfo del Ghirlandaio contribuirono a fare di Cosimo I anche un grande mecenate e, di Firenze, il fulcro delle arti.
La corte di Cosimo I si distingueva da quel concetto di “codazzo” che seguiva un sovrano e per quella riduzione di fasti e splendori tipici delle regge. Un metodo così rigoroso da far manifestare stupore ai cronisti del periodo. Come le “celebri pagine dell’ambasciatore veneto Fedeli confermano l’assenza di un cerimoniale di corte e di un tenore di vita consono a un principe, ma anche la mancanza di un sistema articolato di corti organizzate attorno ai vari familiari, condensato in un’unica corte che faceva capo al duca. Cosimo vi appare ancora come un padre di famiglia, seppur «grandissimo», che mangia sempre con la moglie e con i figli, non «fa tavola», o meglio la fa soltanto in campagna, in una dimensione rurale e venatoria che sottrae la corte al suo habitat d’elezione, la città e i palazzi principeschi. Fedeli notava anche che il duca aveva ridimensionato tutte le spese superflue, tra cui erano evidentemente considerate quelle inerenti la corte stessa, tutto dedito alla parsimonia e all’accumulo delle ricchezze, sostenuto in questo dalla moglie Eleonora: la tavola era poi unica per tutti i familiari.”(4)
Ovviamente l'atmosfera della corte medicea non era solamente sottomessa a un inflessibile e austero protocollo da sembrare una “avara caserma”: Cosimo I, in realtà, era riuscito a creare intorno a sé una vera corte che proteggeva letterati e artisti. Appoggiò la fondazione dell'Accademia Fiorentina e il suo rapporto con gli accademici e intellettuali fu sempre forte e appassionato. Il suo matrimonio con Eleonora di Toledo sicuramente portò anche un soffio di aria nuova. “La creazione quindi di una famiglia propria attraverso il matrimonio con la nobile principessa spagnola Eleonora si rivelò una circostanza non secondaria nella costruzione di una familia di cortigiani, visto il ruolo cardine giocato dalla moglie nello sviluppo dei ruoli di corte e nella scelta del personale di servizio adatto a ricoprire quelle medesime funzioni.”(5)
Nella corte erano presenti alcuni personaggi che operavano nel segretariato con incarichi di giuristi e notai. Vi erano i pittori e “dipintori” che spesso progettavano anche le scenografie per feste e avvenimenti. Certamente esisteva un certo numero di camerieri, “coppieri”, scudieri, oltre a musicisti, valletti, paggi e giullari. Nelle narrazioni storiche si fa riferimento anche a cinque nani di corte.
E' ormai noto che Cosimo I era molto affezionato al nano di corte Braccio di Bartolo, soprannominato Morgante, che si distingueva per la sua acutezza e abilità, fino al punto di diventare suo confidente e uomo di fiducia.
La popolarità di Morgante e la predilezione a lui riservata dal duca, fecero del personaggio il “modello” preferito dei maggiori artisti dell'epoca.
Agnolo Bronzino ne dipinse, intorno al 1553, un singolare doppio ritratto, recentemente restaurato e collocato nella Sala di Apollo della Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze. Nel 1560, lo scultore Valerio Cioli lo immortala mentre cavalca una tartaruga, in una scultura di marmo collocata all'ingresso del Giardino di Boboli. Nel 1582 Giambologna eseguì un piccolo bronzo per la fontana della Loggia dei Lanzi, con Morgante che cavalca, questa volta, una lumaca. Il Giambologna inoltre, sottolineò l'importanza del giullare nella vita di Cosimo I, raffigurandolo in un bassorilievo in bronzo, collocato alla base del monumento equestre del Granduca in Piazza della Signoria. Anche nell'affresco de “L'assalto al forte di Siena” dipinto in Palazzo Vecchio, intorno al 1556, da Giorgio Vasari con l'aiuto di Giovanni Battista Naldini e Giovanni Stradano, il nano Morgante è rappresentato, con tanto di armatura, mentre sorregge una lanterna. Infine in alcune incisioni di Philips Galle del 1578, tratte da disegni di Giovanni Stradano e conservate alla Biblioteca Nazionale di Parigi, il giullare è sempre presente.
Per il suo “buffone”, oltre all'affetto e alla considerazione verso di lui sempre dimostrata, Cosimo I aveva in serbo anche un riconoscimento ben preciso e, nel 1555 comunica a Morgante una generosa erogazione, un privilegio ducale. In quell'anno, la terra di Foracava a Faella, confiscata alla famiglia degli Aquilani, viene donata dal duca a Morgante, nano di corte, con una emanazione diretta, in uno stile nobile ed elevato che sembra voler sottolineare una riconoscenza quasi “cavalleresca”.(6)
(Roberto Cellai)
(1) TRECCANI Dizionario, edizione online.
(2) ARCHIVIO STORICO ITALIANO, Leo S. Olschki, Firenze, 1963.
(3) ASCHERI MARIO, “Cosimo I legislatore tra emergenze di governo e grandi progetti. Normative 'classiche', regole per i nobili e per lo Stato Nuovo di Siena” in “Le leggi di Cosimo. Bandi, statuti e provvisioni del primo Granduca di Toscana”, Società Bibliografica Toscana, Torrita di Siena (Siena), 2019.
(4) CALONACI STEFANO, “Cosimo I e la corte: percorsi storiografici e alcune riflessioni”, Annali di storia di Firenze, IX: 57-76, University Press, Firenze, 2014.
(5) Ibid.
(6) BEATRICE PAOLOZZI STROZZI, “Gianmbologna: gli dei, gli eroi. Genesi e fortuna di uno stile europeo nella scultura”, Firenze Musei, Firenze 2006, pag.292 e 293. Appendice documentaria:
A.S.F., Pratica Segreta, 186 cc.126v-127v – [c.126v]
“Cosmus Medicus Dei gratia Florentie dux
Braccio nuncupato Morgante Bartholi de Podio Fornionis et de Statu illustrissimi domini Cesaris Alydosii dominii Castri nuncupati del Rio, nano ducalis palatii nostri ac servitori nostro nobis dilectissimo salutem et omne bonum. Grata tue servitutis obsequia que diu et absidue circa personam tam nostram quam illustrissime coniugis notre ac etiam filiorum nostrorum, et tam intus quam foris ac per diversa loca, prestitisti plurimave oblectamenta per te nobis exhibita, que cum non parum procedere quasi ex fatuitate animi tui et multum ex tue mentis defectu facile cognoverimus, iocunda ob id admodum fuere et solatium non mediocre tribuerunt, ex oe maxime, quia propterea in sublevamentum aliquarum nostrarum curarum si non semper, saltim sepe advenerunt et nonnulle id genus qualitates que in te site sunt existunt in causa ut tibi reddamus ad gratiam liberales cum itaque predium quoddam cum /c 127r/ domibus pro domino et laboratore et cum omnibus suis iuribus et pertinentiis positum in potesteria Castri Franchi Superioris, in populo Sancti Iacobi de monte Carello, ville Foracaiie, iuxta bona Bartholomei de Micceris a duobus, bona hospitalis Castri Fighinis et bona ecclesie Sancte Marie de Faella, quod olim fuit Ioannis Sanctis de Aquilanis de Castro Francho predicto ex generali pubblicatione omnium suorum bonorum de […] it cum dictis iuribus ac pertinentiis suis in fiscum ducalemque Cameram nostram per capitalem sententiam que ob homicidium per eum commissum in eundem dicta fuit, et cum animadvertamus ad debilem patrimonium tuum tueque parentis et quod ni tibi a nos succurratur semper in paupertate viveres et post vitam tuam parum vel nihil filiis tuis relinqueres, et cum nostre intentionis semper fuerit et sit hodie quam maxime illos remunerare qui operibus suis apud nos benemeritos se reddiderunt, hine est quod dictis de causis moti et a prenarratis operibus tuis excitati, tibi tuisque filiis masculis legitimis et naturalibus primi gradus ad vitam vestram tamen et ordine successivo dictum predium cum dictis domibus et omnibus dictis suis iuribus et pertinentiis, motu proprio, et ex certa scientia ac de plenitudine nostre ducalis potestatis, hilari fronte et de mera nostra liberalitate, donamus et ex titulo et causa irrevocabilis donationis inter vivos in te tousque filios supradictos primi gradus et ordine quo supra, et durante vita vestra et vestrum cuiuslibet et non ultra, trasferimus et in virtute presentium translatum esse volumus atque mandamus itaque effectus sit quod prenarratum predium, finita vita tua tuorumque suprascriptorum filiorum primi gradus et cuiuslibet vestrum, ad nos dictumque fiscum et Cameram nostram, una cum suprascriptis iuribus et pertinentiis vobis ut supra donatis, continuo revertatur et ipso iure reversum esse intelligatur et sit, et propterea committimus omnibus Magistratibus, rectoribus, iudicibus, officiis et officialibus tam nostree civitatis Florentie quam universi dominii nostri et ipsorum cuilibet ac executoribus eorumdem et presertim nostro Procuratori fiscali et ipsius ministris quod dicti predii corporalem tradant possessionem et te ipsum in dictam possessionem inducant et inductum manuteneant atque defendant, amoto inde quolibet occupatore, si nostram sibi cupiunt gratiam conservare et formidant indignationem. In quorum fidem has nostras patentes litteras exrari fecimus per infrascriptum secretarium nostrum, iussimus quod nostri soliti sigilli plumbei appensione muniri et eas nostra manu subscripsimus. Da /c.127v/ tum Florentie in ducali palatio nostro, quarto idus junii anni Domini ab eius salutifera incarnationis MDLV et ducatus nostri anno XIX°.
A.S.F. Decima granducale, 3055
/c.582r/ n.274 Quartiere San Giovanni Gonfalone Lion d'Oro:
“Beni che furno di Giovansanti di Raffaello Aquilani possudi
Baccio di Bartolo dal Poggio da Castel del Rio, vocato Morgante, chreato di Sua Excellentia
Sostanze
Un podere posto nel popolo di Santa Maria a Faella, podesteria di Castelfranco, a primo via, a secundo spedale di Filghine, a tertio Bartolomeo Miceri, per decima fiorini 1.5.11 che ne fu abbattuto soldi 2 lire 6 con decima di fiorini 1.3.11.
E quali beni furno donati al prefato Baccio da Sua Excellentia illustrissima come per suo privilegio alli 11 di giugno 1555, visto e relassato.
E s'ànno a levare da Giovansanti di Aquilani gonfalone detto, Santo Spirito, a 45, con detta decima di fiorini 1.3.11 questo dì 15 agosto 1562.
Salda a dì 24 settembre 1562 per partito delli offitiali di Decima et gli tocca di decima fiorini 1.3.11 che si levono da Giovansanti di Raffaello Aquilani, gonfalone detto, Santo Spirito”.
L'edificio colonico di Foracava nei pressi di Faella, nel Valdarno Superiore, sfugge all'attenzione del viandante, affondato com'è in una piccola vallata e circondato da boschetti che mimetizzano le creste delle balze.
Sulla strada provinciale Fiorentina, quasi all'altezza della fine dell'abitato di Faella, un cartello a bandiera, collocato a ridosso di un triste ponte di cemento che scavalca l'omonimo torrente, indica “località Foracava”. Oggi il vecchio complesso agricolo è trasformato in nucleo abitativo, frazionato in diversi appartamenti, frutto di una logica moderna che, spesso e ingiustamente, ignora ogni criterio storico e ambientale.
Il toponimo “foracava” che deriva dal longobardo “furha” (striscia di terreno, spazio fra i solchi) (1) si addice perfettamente alle caratteristiche del luogo. Un podere argilloso, alquanto fertile, formato nel corso dei tempi dal riempimento di materiali alluvionali trasportati dal torrente Faella.
La storia di questo terreno, assegnato alla giurisdizione del popolo di San Jacopo a Montecarelli, è antica e, in alcuni casi, anche originale. Nel corso dei tempi ha cambiato numerose proprietà. Nel Cinquecento il podere apparteneva a Giovansanti Aquilani del quartiere di Santo Spirito di Firenze.
Giovansanti degli Aquilani di Raffaello da Castelfranco di Sopra, venne condannato a morte per omicidio, in Firenze. Probabilmente nutriva anche idee politiche diverse da quelle del governo autoritario di Cosimo I de' Medici, poiché fu dichiarato “ribelle e bandito con tutti i suoi figli” (2). Nel 1554 con questa condanna capitale gli vennero confiscati tutti i suoi bene, compreso anche il terreno di Foracava a Faella.
Cosimo I era salito al potere nel 1537, dopo l'assassinio del duca di Firenze Alessandro de' Medici. Considerato il vero fondatore dello stato toscano, rinnovò e organizzò la Toscana. Togliendo il potere alle più importanti famiglie fiorentine, riformò l'amministrazione giudiziaria, intraprese una vasta attività edilizio-militare, costruì strade, porti, fortificò città e, rendendosi protagonista di molte altri dettami, mirò a fare del Granducato il centro mercantile dell'Italia.
L'attività legislativa assunse, fin dall'inizio del suo ducato, un ruolo importante se non addirittura primario nella sua azione governativa, sostenuta dalle figure più prestigiose del momento. Erano tempi duri anche per gli uomini di potere e, Cosimo I, si adoperò moltissimo per consolidare e tutelare il proprio dominio e quello della sua dinastia.
“Sul piano pratico, basterà ricordare la devota collaborazione di un giurista operativo al suo servizio come Jacopo Polverini, un pratese che come suo “auditore” (consigliere) formulò la tristemente famosa legge detta appunto “Polverina”. Con essa nel 1549 si sancì la durissima procedura per i diritti di lesa maestà che colpiva i cospiratori antimedicei persino con confische patrimoniali a carico dei familiari anche minorenni. Un esempio classico fu dato dalla repressione della congiura dei Pucci (del 1559, con strascichi dopo la morte di Cosimo), che pare abbia procacciato all’erario l’enorme cifra di 300mila ducati, oltreché la prevedibile decapitazione dei promotori.”(3) Stessa sorte la subì, come abbiamo sopra accennato, anche il tenutario del podere di Foracava di Faella, Giovansanti degli Aquilani.
Comunque è con Cosimo I che iniziò per Firenze un'altra stagione di grande prestigio, culturale e artistico. La città acquisì le caratteristiche della capitale di uno Stato forte e facoltoso, saggiamente guidato dal futuro Granduca che risiedeva, con la sua corte, nell'antico palazzo dei Priori ristrutturato dai più autorevoli architetti e artisti dell'epoca. Di conseguenza, artisti come Ammanati, Bronzino, Salviati, Giambologna, Cellini, Buontalenti, Bacchiacca e Ridolfo del Ghirlandaio contribuirono a fare di Cosimo I anche un grande mecenate e, di Firenze, il fulcro delle arti.
La corte di Cosimo I si distingueva da quel concetto di “codazzo” che seguiva un sovrano e per quella riduzione di fasti e splendori tipici delle regge. Un metodo così rigoroso da far manifestare stupore ai cronisti del periodo. Come le “celebri pagine dell’ambasciatore veneto Fedeli confermano l’assenza di un cerimoniale di corte e di un tenore di vita consono a un principe, ma anche la mancanza di un sistema articolato di corti organizzate attorno ai vari familiari, condensato in un’unica corte che faceva capo al duca. Cosimo vi appare ancora come un padre di famiglia, seppur «grandissimo», che mangia sempre con la moglie e con i figli, non «fa tavola», o meglio la fa soltanto in campagna, in una dimensione rurale e venatoria che sottrae la corte al suo habitat d’elezione, la città e i palazzi principeschi. Fedeli notava anche che il duca aveva ridimensionato tutte le spese superflue, tra cui erano evidentemente considerate quelle inerenti la corte stessa, tutto dedito alla parsimonia e all’accumulo delle ricchezze, sostenuto in questo dalla moglie Eleonora: la tavola era poi unica per tutti i familiari.”(4)
Ovviamente l'atmosfera della corte medicea non era solamente sottomessa a un inflessibile e austero protocollo da sembrare una “avara caserma”: Cosimo I, in realtà, era riuscito a creare intorno a sé una vera corte che proteggeva letterati e artisti. Appoggiò la fondazione dell'Accademia Fiorentina e il suo rapporto con gli accademici e intellettuali fu sempre forte e appassionato. Il suo matrimonio con Eleonora di Toledo sicuramente portò anche un soffio di aria nuova. “La creazione quindi di una famiglia propria attraverso il matrimonio con la nobile principessa spagnola Eleonora si rivelò una circostanza non secondaria nella costruzione di una familia di cortigiani, visto il ruolo cardine giocato dalla moglie nello sviluppo dei ruoli di corte e nella scelta del personale di servizio adatto a ricoprire quelle medesime funzioni.”(5)
Nella corte erano presenti alcuni personaggi che operavano nel segretariato con incarichi di giuristi e notai. Vi erano i pittori e “dipintori” che spesso progettavano anche le scenografie per feste e avvenimenti. Certamente esisteva un certo numero di camerieri, “coppieri”, scudieri, oltre a musicisti, valletti, paggi e giullari. Nelle narrazioni storiche si fa riferimento anche a cinque nani di corte.
E' ormai noto che Cosimo I era molto affezionato al nano di corte Braccio di Bartolo, soprannominato Morgante, che si distingueva per la sua acutezza e abilità, fino al punto di diventare suo confidente e uomo di fiducia.
La popolarità di Morgante e la predilezione a lui riservata dal duca, fecero del personaggio il “modello” preferito dei maggiori artisti dell'epoca.
Agnolo Bronzino ne dipinse, intorno al 1553, un singolare doppio ritratto, recentemente restaurato e collocato nella Sala di Apollo della Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze. Nel 1560, lo scultore Valerio Cioli lo immortala mentre cavalca una tartaruga, in una scultura di marmo collocata all'ingresso del Giardino di Boboli. Nel 1582 Giambologna eseguì un piccolo bronzo per la fontana della Loggia dei Lanzi, con Morgante che cavalca, questa volta, una lumaca. Il Giambologna inoltre, sottolineò l'importanza del giullare nella vita di Cosimo I, raffigurandolo in un bassorilievo in bronzo, collocato alla base del monumento equestre del Granduca in Piazza della Signoria. Anche nell'affresco de “L'assalto al forte di Siena” dipinto in Palazzo Vecchio, intorno al 1556, da Giorgio Vasari con l'aiuto di Giovanni Battista Naldini e Giovanni Stradano, il nano Morgante è rappresentato, con tanto di armatura, mentre sorregge una lanterna. Infine in alcune incisioni di Philips Galle del 1578, tratte da disegni di Giovanni Stradano e conservate alla Biblioteca Nazionale di Parigi, il giullare è sempre presente.
Per il suo “buffone”, oltre all'affetto e alla considerazione verso di lui sempre dimostrata, Cosimo I aveva in serbo anche un riconoscimento ben preciso e, nel 1555 comunica a Morgante una generosa erogazione, un privilegio ducale. In quell'anno, la terra di Foracava a Faella, confiscata alla famiglia degli Aquilani, viene donata dal duca a Morgante, nano di corte, con una emanazione diretta, in uno stile nobile ed elevato che sembra voler sottolineare una riconoscenza quasi “cavalleresca”.(6)
(Roberto Cellai)
(1) TRECCANI Dizionario, edizione online.
(2) ARCHIVIO STORICO ITALIANO, Leo S. Olschki, Firenze, 1963.
(3) ASCHERI MARIO, “Cosimo I legislatore tra emergenze di governo e grandi progetti. Normative 'classiche', regole per i nobili e per lo Stato Nuovo di Siena” in “Le leggi di Cosimo. Bandi, statuti e provvisioni del primo Granduca di Toscana”, Società Bibliografica Toscana, Torrita di Siena (Siena), 2019.
(4) CALONACI STEFANO, “Cosimo I e la corte: percorsi storiografici e alcune riflessioni”, Annali di storia di Firenze, IX: 57-76, University Press, Firenze, 2014.
(5) Ibid.
(6) BEATRICE PAOLOZZI STROZZI, “Gianmbologna: gli dei, gli eroi. Genesi e fortuna di uno stile europeo nella scultura”, Firenze Musei, Firenze 2006, pag.292 e 293. Appendice documentaria:
A.S.F., Pratica Segreta, 186 cc.126v-127v – [c.126v]
“Cosmus Medicus Dei gratia Florentie dux
Braccio nuncupato Morgante Bartholi de Podio Fornionis et de Statu illustrissimi domini Cesaris Alydosii dominii Castri nuncupati del Rio, nano ducalis palatii nostri ac servitori nostro nobis dilectissimo salutem et omne bonum. Grata tue servitutis obsequia que diu et absidue circa personam tam nostram quam illustrissime coniugis notre ac etiam filiorum nostrorum, et tam intus quam foris ac per diversa loca, prestitisti plurimave oblectamenta per te nobis exhibita, que cum non parum procedere quasi ex fatuitate animi tui et multum ex tue mentis defectu facile cognoverimus, iocunda ob id admodum fuere et solatium non mediocre tribuerunt, ex oe maxime, quia propterea in sublevamentum aliquarum nostrarum curarum si non semper, saltim sepe advenerunt et nonnulle id genus qualitates que in te site sunt existunt in causa ut tibi reddamus ad gratiam liberales cum itaque predium quoddam cum /c 127r/ domibus pro domino et laboratore et cum omnibus suis iuribus et pertinentiis positum in potesteria Castri Franchi Superioris, in populo Sancti Iacobi de monte Carello, ville Foracaiie, iuxta bona Bartholomei de Micceris a duobus, bona hospitalis Castri Fighinis et bona ecclesie Sancte Marie de Faella, quod olim fuit Ioannis Sanctis de Aquilanis de Castro Francho predicto ex generali pubblicatione omnium suorum bonorum de […] it cum dictis iuribus ac pertinentiis suis in fiscum ducalemque Cameram nostram per capitalem sententiam que ob homicidium per eum commissum in eundem dicta fuit, et cum animadvertamus ad debilem patrimonium tuum tueque parentis et quod ni tibi a nos succurratur semper in paupertate viveres et post vitam tuam parum vel nihil filiis tuis relinqueres, et cum nostre intentionis semper fuerit et sit hodie quam maxime illos remunerare qui operibus suis apud nos benemeritos se reddiderunt, hine est quod dictis de causis moti et a prenarratis operibus tuis excitati, tibi tuisque filiis masculis legitimis et naturalibus primi gradus ad vitam vestram tamen et ordine successivo dictum predium cum dictis domibus et omnibus dictis suis iuribus et pertinentiis, motu proprio, et ex certa scientia ac de plenitudine nostre ducalis potestatis, hilari fronte et de mera nostra liberalitate, donamus et ex titulo et causa irrevocabilis donationis inter vivos in te tousque filios supradictos primi gradus et ordine quo supra, et durante vita vestra et vestrum cuiuslibet et non ultra, trasferimus et in virtute presentium translatum esse volumus atque mandamus itaque effectus sit quod prenarratum predium, finita vita tua tuorumque suprascriptorum filiorum primi gradus et cuiuslibet vestrum, ad nos dictumque fiscum et Cameram nostram, una cum suprascriptis iuribus et pertinentiis vobis ut supra donatis, continuo revertatur et ipso iure reversum esse intelligatur et sit, et propterea committimus omnibus Magistratibus, rectoribus, iudicibus, officiis et officialibus tam nostree civitatis Florentie quam universi dominii nostri et ipsorum cuilibet ac executoribus eorumdem et presertim nostro Procuratori fiscali et ipsius ministris quod dicti predii corporalem tradant possessionem et te ipsum in dictam possessionem inducant et inductum manuteneant atque defendant, amoto inde quolibet occupatore, si nostram sibi cupiunt gratiam conservare et formidant indignationem. In quorum fidem has nostras patentes litteras exrari fecimus per infrascriptum secretarium nostrum, iussimus quod nostri soliti sigilli plumbei appensione muniri et eas nostra manu subscripsimus. Da /c.127v/ tum Florentie in ducali palatio nostro, quarto idus junii anni Domini ab eius salutifera incarnationis MDLV et ducatus nostri anno XIX°.
A.S.F. Decima granducale, 3055
/c.582r/ n.274 Quartiere San Giovanni Gonfalone Lion d'Oro:
“Beni che furno di Giovansanti di Raffaello Aquilani possudi
Baccio di Bartolo dal Poggio da Castel del Rio, vocato Morgante, chreato di Sua Excellentia
Sostanze
Un podere posto nel popolo di Santa Maria a Faella, podesteria di Castelfranco, a primo via, a secundo spedale di Filghine, a tertio Bartolomeo Miceri, per decima fiorini 1.5.11 che ne fu abbattuto soldi 2 lire 6 con decima di fiorini 1.3.11.
E quali beni furno donati al prefato Baccio da Sua Excellentia illustrissima come per suo privilegio alli 11 di giugno 1555, visto e relassato.
E s'ànno a levare da Giovansanti di Aquilani gonfalone detto, Santo Spirito, a 45, con detta decima di fiorini 1.3.11 questo dì 15 agosto 1562.
Salda a dì 24 settembre 1562 per partito delli offitiali di Decima et gli tocca di decima fiorini 1.3.11 che si levono da Giovansanti di Raffaello Aquilani, gonfalone detto, Santo Spirito”.