Paesaggi
Le balze del Valdarno
Un fenomeno erosivo conosciuto con il nome di Balze
Il Valdarno Superiore è collocato tra il Chianti e le ultime propaggini del Pratomagno. La valle è attraversata per circa 40 Km, da Sud-Est a Nord-Ovest, dal fiume Arno. E’ suddivisa in 14 comuni, di cui dieci nella provincia di Arezzo e quattro in quella di Firenze. Il Valdarno possiede una distinguibile e precisa caratteristica paesaggistica, causata dagli avvenimenti geologici che hanno riguardato la zona nelle ultime decine di milioni d’anni, conferendo al territorio una particolare suggestione. Mentre “la pianura alluvionale compresa fra Levane e Incisa è stata formata nel passato recente dall’azione di sedimentazione dell’Arno e dei suoi affluenti”(*), il restante territorio è caratterizzato da un susseguirsi di colline che in alcune punti, appoggiandosi ai rilievi montani, si trasformano in altipiani. Gli altipiani “costituiti da sabbie argillose e da sabbie e ciottoli di colore prevalentemente giallastro sono, per vari tratti, troncati da pareti ripide e scoscese” (*), spesso alte fino ad un centinaio di metri, denominate “Balze” e rappresentano il risultato del prosciugamento di un lago pliocenico. Le pittoresche balze conferiscono al territorio una particolare espressività. Tali strutture geologiche delineano le antiche sponde del lago, erose nelle fasi successive dagli agenti atmosferici. Esse hanno un colore giallo ocra, variegato da infinite sfumature, con forme e sagome distinte, frapposte da vasti crepacci e solchi. Appaiono molto suggestive al tramonto, quando sono illuminate dai raggi solari. Alcune di esse presentano strati di argilla colorata d’azzurro, chiamata "turchino". (*) G. BILLI, “Conoscere il Valdarno”, Comune di Cavriglia, 1980 (RC) |
L’ANTICA LEGGENDA
«... L’antica leggenda ha il sapore della favola. Sembra che all’apparire dei primi popoli della valle, un solo gran fiume percorresse l’Italia dalla Falterona ai lidi d’Ostia, dividendo la penisola da nord a sud; o meglio, più che di un solo corso d’acqua, doveva trattarsi di più fiumi, uniti da laghi e paludi: l’Arno, la Chiana, il Paglia e, finalmente, il Tevere. Tale dovette apparire, ai primordi dell’epoca storica, il “fiume Tosco” degli antichi autori. E sarà ora il caso - prima di avventurarsi nella vicenda preistorica - ricordare quanto dica la fantastoria narrata, allo scadere del XV° secolo, da Giovanni Annio da Viterbo, il quale - con frammenti curiosi di remoti autori da lui raccolti col nome di Antiquitatum Veriarum e di cui è più che lecito dubitare - racconta suggestivamente dei primissimi insediamenti umani in questa regione. Iano, Giano, fu il primo dominatore di quelle valli: e Iano - Dio bifronte, che ha due nature diverse ma della stessa natura - ha il carattere della montagna della Falterona che, dai suoi due versanti, originava i fiumi che confinavano interamente l’Etruria antica: Arno - Chiana - Paglia - Tevere da un lato e fosso Falterona - Sieve - Arno dall’altra; e chissà che non rappresentasse, appunto, la personificazione di quel massiccio, tant’è che Giovenale disse: Dimmi qual fusse quell’antico Dio. Tu, Iano padre, a quei dài risposta. Sicchè, scrive Annio, commentando i suoi Fragmenti di Catone: “i Salii sacerdoti celebravano il loro Iano per Dio degli Dei e padre”. E aggiunge, allegando l’autorità di Beroso Caldeo e quasi volesse identificare Giano con l’acqua e con la fonte di tutte le acque di quei popoli: “Camese e Saturno vennero, con nave, nel fiume Tosco, a Iano”. Dunque a Iano si arrivava “per nave”: e navigabili, allora, se la novella ha un minimo fondo di verità, doveva essere, ai primordi della storia, quelle valli. E navigabili molto praticamente, al punto di ospitare un porto, tant’è che Annio riferisce un altro frammento del suo Catone, che dice: “Nei montani Liguri” - e cioè fra i popoli Liguri che abitavano quei monti dell’Appennino - “è d’Hercole Egittio il porto” . Commenta Annio: “Libio è nome proprio di Hercole Egittio, et Arno è uno dei suoi cognomi, secondo Beroso nel V°. I suoi cognomi sono Her, Hercol, Ar, Arno, Musarno. E significano, in lingua egittia: Her pelloso, perché vestiva di pelle di leone, e col, secondo Hebrei, (significa) tutto; perciò Hercol significa tutto vestito di pelle” (...). “Ar e Ari significa(no) leone, e (Ercole) fu nominato Ar dal Leone sua insegna, siccome Macedone Lupo et Anubi cane; no significa chiara fama; così Arno significa leone celebre per virtù, con la quale, secondo Diodoro, egli defendeva da ingiuria l’humana generatione. Musa significa disciplina. così egli fu detto Musarno, cioè dottore leone celebre, perché si diede a sacrifici ed incantesimi militari (come afferma) Diodoro nel VI°. Adunque Liburni Ligure sono colonie d’Hercole Egittio (...) Arniesi ancora si nomano Toscani, perchè (Ercole) ridusse le loro valli in un alveo, e diede loro insegna del leone, come a’ Fiorentini”. Ecco, dunque, l’aspetto mitico del Valdarno Superiore, al primo apparire dell’uomo: fiumi e laghi sacri a Giano, raggiunti per nave da Camese e Saturno e resi utili alla vita dall’intervento del semidio Ercole Egizio, che vi fondò un porto e che lasciò gran memoria di sé e delle sue favolose imprese idrauliche. ...» A.M. Fortuna, prefazione a “Il Valdarno Superiore quando era un lago” di A. Cecconi - C. Risi, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 1978. |